Mappe concettuali gratuite per DSA: Strumenti per l’apprendimento

Mappe concettuali per DSA gratis

Le mappe concettuali sono strumenti visivi efficaci che aiutano gli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) a organizzare e assimilare informazioni in modo più accessibile. Esse collegano concetti attraverso parole chiave e linee, semplificando la strutturazione delle idee e supportando la memoria di lavoro. Questo metodo visivo migliora la comprensione e la sintesi, promuovendo l’autonomia dello studente. La costruzione di mappe concettuali è più efficace quando emerge da un processo attivo di elaborazione del materiale di studio, integrando elementi visivi e verbali per una comprensione profonda e duratura. L’adozione delle mappe concettuali non solo facilita l’apprendimento ma promuove anche l’inclusione educativa, riconoscendo e valorizzando le diverse modalità di apprendimento degli studenti.

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Differenza tra DSA, ADHD e BES

DSA, ADHD, BES

Nell’ambito della salute e dell’educazione, è essenziale comprendere la differenza tra DSA, ADHD e BES. Queste condizioni, Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) e Bisogno Educativo Speciale (BES), sebbene caratterizzino quadri di funzionamento cognitivo differente, sia in termini di natura del disturbo sia in termini di manifestazione sintomatologica, condividono aspetti di similarità e mostrano un impatto significativo sulla vita di molte persone, sia nel contesto scolastico che in quello quotidiano.  

Differenza tra DSA, ADHD e BES

Il DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) è un disturbo di origine neurobiologica e che si caratterizza principalmente per difficoltà specifiche che riguardano lo sviluppo di abilità apprendimento come la lettura, la scrittura e le abilità numeriche e di calcolo. In presenza di DSA è possibile strutturare interventi di potenziamento cognitivo mirato che abbiano l’obiettivo di intervenire sulle aree compromesse o di fornire strumenti specifici per compensare la presenza del disturbo specifico. L’intervento viene strutturato in base al profilo di funzionamento dello studente, sia in termini di deficit e potenzialità sia in funzione dell’età e delle risorse famigliari e ambientali. 

Anche l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è un disturbo di origine neurobiologica ma si caratterizza principalmente per difficoltà riguardanti le abilità attentive, l’impulsività e l’iperattività. Tale disturbo non riguarda direttamente le abilità apprendimento anche se le difficoltà cognitive che lo caratterizzano possono influire significativamente su di esse. A seconda della gravità dei disturbi inerenti l’ADHD, l’intervento può essere di tipo psicologico, neuropsicologico oppure può prevedere l’utilizzo di farmaci specifici e, molto di frequente, può coinvolgere in modo diretto anche la famiglia dello studente. 

Il termine BES (Bisogno Educativo Speciale) non fa riferimento a una condizione medica specifica ma si riferisce ad una categorizzazione più ampia e flessibile che riguarda qualsiasi individuo che richieda supporto o adattamenti in ambito educativo. Le necessità educative speciali possono essere dovute a una vasta gamma di condizioni. I ragazzi con BES possono essere studenti che presentano DSA o ADHD, ma anche persone con altre necessità specifiche, come disabilità fisiche o disturbi emotivi. La strutturazione degli interventi, pertanto, dipenderà dalla condizione specifica che ha generato il bisogno educativo speciale della persona.  

 

DSA, ADHD, BES

Mentre le condizioni di DSA e ADHD prevedono un attento percorso valutativo e diagnostico che deve essere effettuato da professionisti del settore e prevede la somministrazione di test e strumenti standardizzati specifici, il BES è una categorizzazione educativa e non richiede una diagnosi. 

Gli individui che rientrano in questa categoria possono avere una vasta gamma di esigenze educative, e la definizione di “BES” è basata sulle specifiche esigenze di apprendimento che richiedono un’attenzione particolare e un individualizzato adattamento della didattica. 

Aspetti di sovrapposizione e differenze

La differenza tra DSA, ADHD e BES ha un impatto significativo sul contesto scolastico e la loro presenza richiede la ristrutturazione del metodo didattico e valutativo che può prevedere l’impiego di strumenti compensativi di supporto all’apprendimento, o dispensazioni specifiche. L’adattamento della didattica dovrebbe partire da una attenta valutazione del profilo di funzionamento dello studente (sia esso con DSA, ADHD o BES) in modo che la scuola possa proporre adattamenti e condizioni di apprendimento che garantiscano che gli individui raggiungano il loro massimo potenziale nella sfera dell’apprendimento. 

Nonostante il DSA, l’ADHD e il BES condividano un coinvolgimento nell’ambito educativo, differiscono in termini di natura della condizione, diagnosi e interventi necessari. Comprendere queste differenze è cruciale per garantire il supporto adeguato a chi ne ha bisogno. 

Una fondamentale differenza tra DSA, ADHD e BES risiede nel fatto che mentre il DSA e l’ADHD sono disturbi cronici che perdurano per tutta la vita dell’individuo seppur la manifestazione della sintomatologia può modificarsi in funzione dell’età e di variabili interagenti, il BES è una condizione che può durare per un periodo limitato in quanto può essere strettamente legata a condizioni e situazioni momentanee. 

In altre parole un disturbo specifico di lettura (Dislessia), sebbene si renda evidente nella prime fasi di scolarizzazione e impatti in modo significativo in particolare nel periodo scolastico educativo, la Dislessia permane ed influisce sulle attività e le scelte della persona per l’intero arco di vita. La condizione di BES, invece, potrebbe derivare da un trauma emozionale che impatta significativamente sulla vita educativa e quotidiana della persona in un periodo specifico per poi rientrare a fronte di interventi specifici.  

Conclusioni

Concludendo, comprendere la differenza tra DSA, ADHD e BES è cruciale per genitori, insegnanti, professionisti della salute e chiunque lavori con individui che potrebbero essere colpiti da queste condizioni. Questa comprensione aiuta a garantire che le persone ricevano il supporto di cui hanno bisogno e che le strategie di intervento siano appropriate, individualizzate ed efficaci. 

Una Soluzione Interattiva per l'Apprendimento Personalizzato

Siete alla ricerca di soluzioni innovative per supportare l’apprendimento di chi affronta difficoltà educative? Develop-Players si presenta come una risorsa affidabile, offrendo videogiochi basati su solidi modelli scientifici e personalizzati attraverso analisi dettagliate dei profili cognitivi. Con la nostra piattaforma, l’apprendimento diventa un’esperienza interattiva e graduale, grazie a avanzati algoritmi di machine learning che adattano dinamicamente la difficoltà del gioco alle capacità dell’utente.

Il nostro gioco principale, Proffilo, si rivolge specificamente a coloro con Bisogni Educativi Speciali o Disturbi Specifici dell’Apprendimento, promuovendo un ambiente inclusivo di apprendimento. Attraverso Proffilo, gli utenti possono scoprire i loro punti di forza e le aree di miglioramento, facilitando la creazione di piani di apprendimento personalizzati. Eye-Riders, un altro nostro prodotto, si concentra sull’attenzione, aiutando i ragazzi con difficoltà scolastiche a migliorare la concentrazione e resistere alle distrazioni esterne.
Il nostro impegno nella validazione scientifica e nei rigorosi test di efficacia garantisce un supporto concreto per genitori, insegnanti, e professionisti della salute, offrendo un percorso di crescita educativa personalizzato e accessibile a tutti.

 

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“Educational Game nell’Esame di Stato: Il Futuro dell’Apprendimento e le Sfide della Relazione Uomo-Macchina”

Piano didattico Personalizzato

L’inserimento del tema degli educational game nell’esame di stato da parte del Ministero dell’Istruzione sottolinea l’importanza e la promettente evoluzione di queste modalità di apprendimento. I serious game, di cui fanno parte gli edugame, sono giochi con uno scopo educativo e formativo. Negli ultimi anni stanno guadagnando sempre più accettazione nel mondo scolastico, supportati da studi scientifici che ne attestano l’efficacia. La progettazione accurata di questi giochi e la gestione della relazione uomo-macchina sono aspetti complessi e articolati da considerare.

Innanzitutto è stato dimostrato che i serious game offrono numerosi vantaggi: stimolano la motivazione intrinseca degli studenti, aumentano il loro interesse nell’apprendimento e lo rendono meno faticoso. Inoltre, fra i vantaggi, ci sono anche aspetti legati alla tecnologia: grazie all’automazione, i processi di apprendimento possono essere ottimizzati sia all’interno del gioco che nella raccolta dei dati degli utenti. 

Tuttavia, è importante sottolineare che lo sviluppo di un serious game richiede professionalità e una progettazione approfondita che serve a perseguire l’obiettivo finale al di là della piacevolezza dell’esperienza di gioco. Rispetto a questo aspetto, la gestione della relazione uomo-macchina nel contesto formativo ed educativo è fra le sfide cruciali per il futuro, e implica scelte etiche importanti. La Comunità Europea stessa e anche le organizzazioni non governative hanno investito e stanno investendo risorse significative per migliorare l’efficienza dei giochi nel perseguire lo scopo educativo e preservare i valori etici.

Ma riprendiamo il discorso dal tema iniziale: l’importanza dei serious game utilizzati a scuola è legato al vantaggio che questi possono dare in tutto il processo formativo e educativo. Come suggerisce il tema oggetto dell’Esame di Stato, l’utilizzo, il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia nel contesto scolastico implicano aspetti tecnici e gestionali. I vantaggi sono per tutti: ai docenti, in quanto facilitatori di nuove modalità didattiche, agli studenti perché educano all’uso funzionale delle nuove tecnologie e infine complessivamente per la società perché permettono di valutare e documentare in modo ottimale gli effetti e le ricadute a livello educativo.

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IA nel percorso formativo: dalla nascita alla sua evoluzione

Giochi Educativi DSA e ADHD

Cosa si nasconde dietro agli strumenti basati sull’IA? 

L’Intelligenza Artificiale (IA) è un termine conosciuto e ormai diventato di uso comune, perché il suo utilizzo è pervasivo in molte delle attività della vita quotidiana di tutte le persone. Anche nel campo dell’istruzione, si vedono negli ultimi anni le applicazioni stanno crescendo a dismisura anche se sono accompagnate da dubbi e scetticismi.

Develop-Players è nata con l’obiettivo di integrare le potenzialità del l’IA nello sviluppo dei propri giochi, rendendola accessibile sia nell’ambito scolastico che in quello clinico. Attraverso i suoi serious game, permette di dare un contributo alla valutazione e alla diagnosi dei disturbi del neurosviluppo, aiutando a stendere il profilo di funzionamento cognitivo del bambino o del ragazzo. Questo aiuta i genitori a capire meglio come potenziare le competenze del proprio figlio, il tutto attraverso un’attività ludica come i videogiochi.

Come vengono costruite queste tecnologie? E sono davvero affidabili? Lo abbiamo chiesto a Matteo Orsoni, Psicologo, Ricercatore in Machine Learning e sviluppatore del modello di IA alla base di alcuni serious game di Develop-Players.

La costruzione e lo sviluppo di questi modelli integrati nei giochi che sono veri e propri strumenti di apprendimento richiedono la collaborazione di diverse figure professionali. La prima è quella dello psicologo, necessaria per comprendere il funzionamento cognitivo dei bambini e i valori fondamentali legati allo sviluppo e all’apprendimento, che devono essere presi in considerazione durante la costruzione del gioco. Oltre agli specialisti clinici, dietro ai serious game ci sono anche figure più tecniche. Troviamo quindi il programmatore, che svilupperà il gioco, l’analista dei dati specializzato nel trattamento dei dati e nell’intelligenza artificiale, che permetterà di estrarre informazioni per migliorare lo strumento, e infine il game designer per lo sviluppo della trama e l’informatico che lavorerà all’integrazione della pagina web e dell’applicazione web. La multidisciplinarietà è fondamentale: senza una delle figure descritte, il gioco perderebbe il suo valore e la sua funzione finale.

Questi strumenti sollevano anche questioni etiche e di protezione dei dati personali. 

È fondamentale garantire l’accuratezza delle informazioni restituite e assicurare la privacy degli utenti, soprattutto quando si tratta di dati sensibili come quelli relativi all’apprendimento dei minori.

L’Intelligenza Artificiale continuerà a evolversi e a influenzare il settore dell’istruzione. Si prevede che la didattica diventerà sempre più personalizzata, consentendo un percorso scolastico su misura per ogni individuo, grazie all’integrazione di strumenti basati sull’IA che permettono di sviluppare le competenze e potenziare i punti di forza dei bambini e dei ragazzi.

Anche le università stanno adattando i loro programmi per includere corsi dedicati all’Intelligenza Artificiale e al machine learning. Questo dimostra la crescente importanza di queste discipline nel mondo accademico.

Siamo pronti a sfruttare le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito dell’istruzione?

Per scoprire di più sui nostri strumenti basati sull’IA per la diagnosi dei disturbi del neurosviluppo e il potenziamento delle competenze dei bambini, ti invitiamo a visitare le seguenti pagine:

Tutto su Piano Didattico Personalizzato (PDP): Definizione, Struttura e Valutazione

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) rappresenta un fondamentale strumento educativo per gli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) o rientranti nella categoria dei Bisogni Educativi Speciali (BES). Questo piano mira a facilitare il percorso scolastico degli studenti, implementando strategie di compensazione e dispensazione in risposta a difficoltà specifiche di apprendimento e/o disagi emotivi  o altre condizioni che rendono necessario un intervento didattico individualizzato.

In presenza di una diagnosi di DSA, gli insegnanti sono tenuti a scrivere il PDP, che è a tutti gli effetti un contratto formale tra la scuola e i genitori che illustra le strategie personalizzate di apprendimento.

Sebbene non obbligatorio in assenza di una diagnosi formale, un PDP è altamente raccomandato per gli studenti che presentano difficoltà scolastiche di diverso tipo.  In queste situazioni, l’iniziativa della scuola nel creare un piano per aiutare lo studente è di cruciale importanza.

Un PDP comprende diverse misure, formulate in base alle esigenze specifiche dell’alunno e all’esperienza dei docenti. Queste strategie includono l’adattamento del lavoro per ciascuna materia, la riduzione dei compiti, la programmazione anticipata di interrogazioni o esami, e l’uso di vari strumenti di supporto.

Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale nel PDP, essendo responsabili per la creazione e l’attuazione del piano, così come per la promozione dell’inclusione dello studente in classe. il PDP infatti serve a riconoscere e supportare le fragilità ma anche a individuare le strategie migliori per potenziare le competenze e valorizzare le potenzialità. Si chiama “Piano Didattico” perché è un progetto condiviso che riguarda le attività didattiche ed è strutturato in modo preciso sulla base di una alleanza fra tutti, genitori-docenti-studente. Si definisce “Personalizzato” perché viene creato su misura per ogni persona che viene riconosciuta nella sua individualità e neurodiversità.

La valutazione e verifica del PDP è un aspetto cruciale, il PDP dovrebbe sempre essere riesaminato e rivisto in funzione dei progressi dello studenti e dell’evoluzione della situazione. Per avere un supporto pratico e innovativo nell’implementazione del PDP, vi invitiamo a esplorare i nostri prodotti, in particolare Proffilo che aiuta a comprendere meglio quelli che sono le caratteristiche cognitive individuali di ogni studente e valorizzare le sue potenzialità. Queste risorse sono progettate per assistere sia gli insegnanti che gli studenti nel percorso educativo, migliorando la gestione delle difficoltà di apprendimento e ottimizzando l’efficacia del Piano Didattico Personalizzato. 

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L’importanza della comunicazione scuola-famiglia in presenza di diagnosi di DSA o di presenza di BES : responsabilità e collaborazione

scuola-famiglia

Introduzione: L’identificazione dei DSA richiede una collaborazione tra diverse parti per garantire che lo studente possa accettare serenamente la diagnosi. Una comunicazione efficace tra il clinico e la famiglia è fondamentale, così come lo è il rapporto che si sviluppa tra scuola e famiglia. Questi sono, infatti, i due ambienti in cui il bambino o l’adolescente si troverà a vivere quotidianamente.

L’efficacia della comunicazione scuola-famiglia è sempre fondamentale, ma nel caso della presenza di un DSA nel bambino o nell’adolescente, lo è ancora di più. Questa comunicazione è cruciale nel processo di riconoscimento del disturbo, dove entrambi gli attori devono collaborare nel riconoscere i segni precoci del DSA e BES attivarsi per approfondirne le caratteristiche, ma anche dopo nella definizione del percorso didattico personalizzato.

In questo contesto, possono essere i genitori che per primi decidono di consultare l’insegnante per avere delle conferme sulle difficoltà del figlio e, di conseguenza, sulla necessità di fare una valutazione clinica. Oppure, spesso, sono i docenti che, notando delle difficoltà nel percorso scolastico dello studente, consigliano alle famiglie di fare degli accertamenti.

Dopo aver effettuato una visita e diagnosticato la presenza del DSA, la relazione La comunicazione diretta tra i clinici e la scuola può essere talvolta di difficile gestione. Il genitore decide se trasmettere la valutazione scritta del clinico ai docenti. A fronte della valutazione, anche in assenza di diagnosi, i docenti discutono con la famiglia dell’opportunità, di definire un piano didattico personalizzato (PDP); il processo coinvolge tutti i docenti del consiglio di classe,. Tale piano delinea quali siano le misure compensative e dispensative per lo studente, indica in modo dettagliato le strategie da adottare e i metodi di verifica e monitoraggio degli apprendimenti.

Sebbene in genere il PDP non richieda esplicitamente alcuna attività da svolgere a casa, è consigliabile che gli insegnanti, in accordo con la famiglia, suggeriscano strategie da applicare anche a casa. In aggiunta a questo, sarebbe poi auspicabile programmare degli incontri allargati tra scuola e famiglia per condividere quanto fatto in classe con l’alunno. Entrambe le parti, infatti, sono soggetti fondamentali per la vita del bambino, per questo la loro costante collaborazione è un buon punto di partenza per costruire un ambiente che favorisce al massimo l’apprendimento.

Una situazione delicata si può presentare qualora si presentassero delle barriere linguistiche o culturali che rendono la comunicazione più difficoltosa. In questi casi occorre richiedere l’ausilio di mediatori culturali che attraverso i servizi sociali facciano in modo che si possa realizzare la comunicazione efficace tra l’ambito domestico e quello scolastico.

La comunicazione scuola-famiglia è sempre fondamentale perché la costruzione di un dialogo e la regolarità degli incontri può abbassare le preoccupazioni, le ansie e i risentimenti che spesso si creano in assenza di dialogo e collaborazione. Ciò darà modo al bambino di lavorare al meglio sul suo apprendimento perché percepisce l’ambiente circostante come favorevole e pronto a rispondere alle sue necessità e bisogni: si è constatato infatti che le emozioni positive che caratterizzano le relazioni fra adulti a scuola possono avere impatto positivo anche sul suo percorso formativo del bambino.

Indubbiamente la rete di comunicazione tra scuola e famiglia è migliorata negli anni grazie anche alla maggiore conoscenza e consapevolezza riguardo alle caratteristiche dei DSA. Nonostante ciò, c’è ancora molto da lavorare. Spesso le due parti si trovano ad affrontare delle incomprensioni derivanti dal carico di impegni che entrambe presentano. Sia scuola che famiglia soffrono di una mancanza di tempo e di “spazio mentale” per dedicarsi alla cura del loro rapporto. Questa difficoltà, inoltre, si accentua con l’avanzare dell’età dello studente: rispetto all’età adolescenziale è sicuramente necessario migliorare la rete di comunicazione in modo ancor più significativo.

Questa può essere migliorata attraverso un mediatore come il clinico che aiuti nell’instaurazione del rapporto. Il clinico è una delle figure più importanti: è lui che valuta e diagnostica il DSA, è quindi possibile che si presenti la necessità di intervenire in un dialogo con la scuola. Questo può essere un punto di inizio per mettere in contatto tra loro i due soggetti. Nell’implementazione del rapporto possono intervenire anche delle figure interne alla scuola. Ogni istituto, infatti, ha un referente per i DSA informato su tutti gli aspetti dei disturbi e che si fa garante dei diritti del ragazzo. È quest’ultimo che si occupa della comunicazione tra docenti e famiglia nel caso che il rapporto non nasca spontaneamente.

Anche i nuovi strumenti digitali possono essere un buon supporto che media la relazione. Anche Develop-Players con le sue attività formative sta creando una community volta a favorire scambi positivi e di crescita e interazione fra scuola e famiglia e servizi. 

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DSA: Superare la Paura della Diagnosi è Possibile?

ADHD

Superare il timore di ciò che comporta una diagnosi di Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) è possibile, ma non basta rassicurare bambini e genitori che vivono il disturbo. Occorre un lavoro costante di sensibilizzazione dell’intera società.

L’ignoto spaventa: la presenza di difficoltà delle quali non si conoscono le cause e le conseguenze può alimentare timori e dubbi. Avere una diagnosi DSA, però, non sempre porta sollievo, ma può alimentare o far nascere nuove paure o insicurezze. È il caso, ad esempio, dei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA). Ancora oggi l’attenzione intorno al tema dei DSA è principalmente circoscritto a coloro che ne sono interessati in prima persona.

Le principali paure che un bambino e/o adolescente può provare a fronte di una diagnosi DSA sono legate alle reazioni e relazioni sociali. Una delle prime paure, sia negli adolescenti che nei bambini, è la non accettazione di sé. Generalmente i bambini e i ragazzi tendono a pensare che il proprio gruppo di pari possa vederli come diversi e, di conseguenza, credono di incorrere in stigmatizzazioni e incomprensioni che possano portarli ad essere isolati. Questa situazione si crea ad esempio quando c’è la necessità di utilizzare strumenti compensativi DSA per lo studio o quando si adottano strategie dispensative. Il timore del bambino o ragazzo con DSA a fronte dell’uso di ausili o strategie è quello di essere percepito come in una condizione di inferiorità o, al contrario, di privilegio. 

Un’altra paura è invece intrinseca e soggettiva: il timore del fallimento o peggio, la paura di avere problematiche che riguardano il funzionamento intellettivo. Le paure relative alle proprie capacità e competenze possono portare il ragazzo che le vive a mettere in discussione ciò che sarà in grado di fare in futuro e, di conseguenza, possono influire negativamente sulle scelte da operare in ambito scolastico e lavorativo. Questa paura purtroppo, se non riconosciuta e supportata, può essere talvolta vissuta in modo totalizzante fino a sfociare in psicopatologie.

Questi timori e credenze errate che sono originate e alimentate dalla paura devono essere gestite e calmierate dagli adulti, come insegnanti e genitori. 

All’interno della classe, ad esempio, è nel momento di confronto con i pari che gli insegnanti possono far emergere che ciò che caratterizza i bambini con DSA e BES fa parte della neurodiversità che accomuna tutti gli individui. Allo stesso modo a casa saranno i genitori a far comprendere l’importanza del riconoscimento della neurodiversità e la valorizzazione delle qualità individuali, che comprendono sia i punti di fragilità, che hanno bisogno di essere riconosciuti e supportati, che i punti di forza, che devono essere valorizzati.

Per i genitori, rispetto ai propri figli le paure sono spesso dovute principalmente alla scarsa conoscenza del problema e sono generalmente trasversali. Queste possono riguardare sia aspetti socio-relazionali ed emozionali sia aspetti pratici. 

Il genitore, davanti ad una diagnosi DSA, si preoccupa principalmente delle conseguenze della diagnosi sul piano socio-relazionale ed emotivo del proprio figlio. Come vivrà mio figlio la diagnosi DSA? Cosa penserà di sé stesso e delle proprie capacità? Sarà in grado di accettare gli strumenti e gli ausili compensativi DSA?

Queste sono alcune delle domande che tipicamente un genitore si pone (e pone al clinico) circa la reazione del proprio figlio alla diagnosi DSA.

Oltre a queste preoccupazioni, la famiglia si troverà a scontrarsi anche con i timori riguardanti l’ambiente sociale e scolastico nel quale il bambino/ragazzo è inserito. Il genitore teme che il proprio figlio possa venire etichettato, emarginato e che possa incorrere in atti di bullismo da parte del gruppo di pari. O ancora, si chiede se gli insegnanti saranno in grado di aiutarlo e supportarlo in modo efficace e se saranno in grado di gestire le possibili reazioni dei compagni alla comunicazione della diagnosi DSA.

Alcune paure e dubbi riguardano l’aspetto legale-normativo. Alcuni genitori temono che la presenza di una diagnosi DSA possa influire o ostacolare (da un punto di vista legale) le scelte lavorative future del proprio figlio. “Se in futuro mio figlio volesse fare un concorso avrebbe dei vincoli specifici in funzione della diagnosi DSA?”. E ancora, “In futuro, mio figlio sarà sempre costretto a dichiarare di avere un Disturbo Specifico di Apprendimento? Per esempio ad un colloquio di lavoro?”. Ovviamente la risposta è no.

La diagnosi DSA non ostacola in alcun modo l’eventuale accesso a concorsi pubblici e il ragazzo, in futuro, non sarà costretto a dichiarare la presenza di DSA. Al contrario, la certificazione del disturbo, potrebbe agevolare i processi di selezione/accesso tramite concorso o esame. Il ragazzo potrà infatti, se lo vorrà, usufruire degli strumenti compensativi/dispensativi o l’adattamento della prova secondo la normativa vigente. In altre parole, la diagnosi DSA non è vincolante ma, al contrario, tutela i diritti della persona.

La paura più classica è infine quella che riguarda sé stessi. I genitori si chiedono se saranno in grado di sostenere, aiutare e supportare il proprio figlio durante il suo percorso scolastico e di vita. Si preoccupano di non essere in grado di rispondere a tutte le domande del figlio e risolvere i suoi dubbi o di evitare che le proprie paure contribuiscano ad aumentare quelle del figlio.

I clinici e gli educatori hanno un ruolo fondamentale per gestire la paura sia per il genitore sia per il bambino. Le parole d’ordine sono due: conoscenza e condivisione. Promuovere iniziative e dialoghi in cui poter parlare della neurodiversità oltre che dei disturbi è fondamentale. Sapere che cosa significa avere un DSA, che cosa comporta, quali strumenti compensativi DSA poter utilizzare e su quali aspetti non doversi preoccupare è il primo fattore per combattere i timori di chi vive quotidianamente il disturbo.

Condividere con altri genitori le paure e le strategie per superarle è altrettanto importante e le associazioni dei genitori in questo ambito sono molto preziose per loro come supporto e spazio di discussione e scambio.

Dal punto di vista degli specialisti che operano per aiutare persone con DSA e BES e le loro famiglie, quali psicologi e logopedisti e educatori, questi possono promuovere delle iniziative che possano sensibilizzare al tema delle neurodiversità, delle caratteristiche che rendono diverso ogni bambino dall’altro e come queste differenze, che si configurano come fragilità e punti di forza, rendano ogni bambino unico. Lo sforzo deve essere quello di sottolineare che il termine “diversità” non abbia un’accezione negativa ma, al contrario, si configuri come una risorsa. Nella maggior parte dei casi si può notare come le paure vengano più facilmente superate nel momento in cui l’individuo entra in contatto con realtà inclusive, che comprendano e conoscano le difficoltà a cui va incontro un ragazzo con DSA.

Negli studenti il superamento delle preoccupazioni dipende molto dall’ambiente scolastico e famigliare. L’utilizzo degli strumenti compensativi DSA inseriti a fronte della diagnosi e della stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP), permette allo studente di raggiungere traguardi scolastici a cui difficilmente avrebbe potuto accedere in precedenza. In questi casi la diagnosi DSA contribuisce ad alimentare il senso di autoefficacia e la motivazione dello studente che, finalmente, riesce a sentirsi capace di apprendere e di superare le sfide scolastiche.

In alcuni casi, la percezione di diversità e incompetenza può durare a lungo, soprattutto quando la diagnosi DSA arriva tardivamente. Se, da un lato, questa può rappresentare un sollievo per i ragazzi che hanno vissuto a lungo nell’incertezza, dall’altro può risultare più difficile per il ragazzo accettare e condividere il proprio disturbo DSA con gli altri, soprattutto con i coetanei. In questi casi, potrebbe essere necessario un supporto emotivo e psicologico per aiutare i ragazzi a gestire i propri sentimenti e ad affrontare la situazione con maggiore serenità e consapevolezza.

Programmi di educazione e sensibilizzazione al tema del riconoscimento della neurodiversità sono fondamentali, sia all’interno delle classi, sia a livello sociale. Negli ultimi decenni si trovano molte più informazioni e articoli scientifici che trattano il tema DSA. Il problema è che, solitamente, questi vengono letti e consultati soltanto da chi presenta il disturbo DSA o lo vive quotidianamente. Dovremmo invece trovare delle modalità per sensibilizzare la società al tema delle differenze individuali, facendo in esse rientrare anche le differenze derivanti dalla presenza di disturbi del neurosviluppo.

All’interno delle scuole il tema DSA dovrebbe essere trattato a prescindere della presenza di bambini che presentano disturbi specifici di apprendimento. Se questo accadesse fin dalla scuola dell’Infanzia, non ci sarebbe necessità di “correre ai ripari” successivamente nelle situazioni di disagio o di marginalizzazione che vengono vissute durante il percorso scolastico.

Tutto questo non solo potrebbe contribuire a far conoscere alla società in generale che cosa sia il disturbo specifico di apprendimento DSA, ma aiuterebbe chi lo presenta ad accettarlo più facilmente e permetterebbe di riconoscere i segnali della sua presenza precocemente e di accertarla tramite valutazione clinica senza alcun timore di stigmatizzazione.

Se sei un docente e vuoi proporre una formazione per la tua scuola, contattaci per parlare di diagnosi e di neurodiversità.

Per prima cosa è necessario ricordare ai genitori che i professionisti che hanno effettuato la valutazione e relativa relazione diagnostica DSA sono sempre a disposizione per tutte le domande o i dubbi rimasti in sospeso. I genitori si possono rivolgere a loro in qualsiasi momento e potranno chiedere aiuto anche per la gestione dei rapporti con le scuole.

Un altro consiglio è quello di entrare in contatto con le associazioni del territorio – come, ad esempio, l’Associazione Italiana Dislessia – che offrono la possibilità di confrontarsi con genitori e famigliari, studenti e studentesse con DSA, insegnanti e professionisti del settore i quali possono offrire un valido supporto sia sul piano pratico che emozionale. Per necessità specifiche, è meglio evitare di affidarsi ad informazioni standardizzate e non ufficiali reperibili in rete, ma piuttosto di rivolgersi a centri riconosciuti a livello internazionale e nazionale o a istituzioni e aziende come Develop-Players in cui professionisti che da anni lavorano sul tema dei disturbi specifici di apprendimento DSA e che possono quindi supportare le famiglie e le scuole sul piano pratico ed emozionale.

Se sei un genitore contattaci per parlare di diagnosi e di neurodiversità!

Perché ogni DSA è diverso? L’importanza della valutazione del profilo di funzionamento cognitivo ed emozionale

DSA

I DSA non rappresentano una categoria di disturbi per i quali è prevedibile un percorso di intervento univoco.
È importante che per ogni bambino venga pianificato un percorso individualizzato che permetta la valorizzazione delle sue potenzialità.

Da sempre noi di Develop Players ricordiamo quanto sia importante considerare ogni bambino con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA) come un individuo avente caratteristiche di funzionamento cognitivo ed emozionale uniche, un individuo che presenta difficoltà di apprendimento ma associa ad esse punti di forza e di debolezza specifici.

Per questo è fondamentale la creazione di un percorso di potenziamento e intervento personalizzato che permetta la valorizzazione delle potenzialità del bambino e il rafforzamento e la compensazione delle abilità compromesse al fine di favorire la sua piena realizzazione. Di questo abbiamo parlato con Sara Giovagnoli, Psicologa, Professoressa Associata in psicometria presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna e membro del Servizio clinico SPEV.


Dottoressa Giovagnoli, perché è importante riconoscere la diversità tra individui che presentano DSA?

La diversità nei Disturbi Specifici di Apprendimento riguarda più aspetti, primo tra tutti le aree di apprendimento che possono essere compromesse. Generalmente le difficoltà specifiche riguardano tre principali aree: la scrittura, la lettura e il calcolo. Non necessariamente un bambino con diagnosi di DSA vede compromessa la sua abilità in tutte e tre le aree: possono essere, infatti, presenti difficoltà che riguardano solo una delle tre oppure si può avere la compresenza di difficoltà relative a più abilità-apprendimento.

Inoltre, a parità di diagnosi, si potranno presentare anche delle differenze relativamente alla severità del disturbo. Ad esempio, se due bambini presentano diagnosi di Dislessia, non è detto che la severità della compromissione dell’abilità di lettura sia la medesima per entrambi. Naturalmente le ricadute sulla prestazione saranno differenti.

Oltre alla severità della compromissione relativa all’abilità-apprendimento deficitaria, risulta di particolare importanza la valutazione della abilità cognitive trasversali all’apprendimento, ovvero le abilità di attenzione, memoria, le funzioni esecutive e le abilità logico-matematiche. Anche in questo caso, a parità di diagnosi, la compromissione o la corretta funzionalità delle abilità trasversali determineranno un profilo di funzionamento differente, con un impatto diverso sul bambino e sulla sua prestazione.

In ultimo, è importante considerare la possibile presenza di comorbidità con altri disturbi del neurosviluppo o con la presenza di sintomatologia emozionale: dobbiamo ricordarci che molti bambini con DSA possono presentare sintomatologia ansiosa, somatoforme, depressiva o problematiche legate all’autostima o al senso di autoefficacia.

È quindi necessario chiarire che ogni bambino deve essere considerato un individuo a sé stante, che presenta difficoltà specifiche, punti di forza e di debolezza e il profilo di funzionamento ed emozionale avrà un impatto differente sulla sua quotidianità e sul suo benessere. Pertanto, risulta fondamentale prevedere una valutazione approfondita che permetta la pianificazione di un percorso di potenziamento e di intervento individualizzato ed efficace.


Quali sono le difficoltà nella quale incorrono più frequentemente i clinici nel creare un percorso personalizzato?

La creazione di un percorso personalizzato deve tenere conto, come già detto, delle risorse e delle fragilità del bambino sia da un punto di vista cognitivo che emozionale. Una valutazione attenta ed approfondita funzionerà da base per decidere cosa proporre, quali metodi e strumenti possono essere adatti all’individuo che abbiamo di fronte. Oltre alla valutazione del soggetto, tuttavia, sarà importante valutare anche il suo ambiente di vita, ovvero quali risorse possono derivare dalla famiglia, dalla scuola e degli ambienti significativi in cui il bambino è inserito. L’individuazione di un percorso individualizzato ed efficacie può, pertanto, richiedere del tempo.

Una volta che progetto di intervento è stilato, sarà necessario sottoporre a verifica l’efficacia di quanto proposto. Pertanto è importante prevedere periodiche valutazioni del percorso e degli strumenti scelti, per assicurarsi che questi siano adatti e vantaggiosi, producano miglioramenti effettivi e non risultino essere un ulteriore ostacolo per il bambino. Qualora l’intervento non produca effettivi miglioramenti o vantaggi per il bambino, il clinico dovrà essere disposto a modificare ed adattare il progetto d’intervento.


Dopo aver definito il profilo del bambino questo viene condiviso con i docenti.

Una volta stilata la relazione diagnostica, questa viene condivisa con gli insegnanti per far sì che possano creare un piano didattico personalizzato. Saranno i genitori, una volta convalidata la diagnosi, a portare agli insegnanti la relazione diagnostica che dovrebbe contenere anche suggerimenti di strategie e strumenti compensativi e dispensativi per l’adattamento della didattica. Il clinico che ha valutato il bambino sarà disponibile al confronto con gli insegnanti, a rispondere a eventuali dubbi, richieste di chiarimenti e a suggerire gli strumenti e le strategie migliori da mettere in atto per il bambino.


Ci può fare alcuni esempi di che cosa significa strategia personalizzata?

Potremmo farne di numerosi, proprio per via delle grandi diversità che i bambini presentano. Per far capire in maniera generica cosa s’intende potremmo considerare la comorbidità tra DSA e disturbi attentivi. In questi casi la parcellizzazione delle attività proposte e l’utilizzo di strumenti che riescano a mantenere attiva l’attenzione dello studente, come ad esempio l’impiego di potenziamenti cognitivi basati su applied game, potrebbero risultare particolarmente efficaci.

In presenza di una forte componente ansiosa, tale da creare significative interferenze con le attività svolte dal bambino, sarebbe auspicabile condividere con lui il programma delle attività che verranno svolte nei giorni successivi (specificandone tempistiche e modalità). L’anticipazione riduce l’ansia e permette al bambino di prepararsi in modo adeguato ad accogliere la giornata scolastica o l’incontro di potenziamento.  


È possibile applicare un piano didattico personalizzato senza che gli studenti interessati si sentano racchiusi in una categoria diversa e separata dal gruppo dei pari?

Il rischio che ci sia una sorta di stigmatizzazione è sempre presente: per questo i docenti potrebbero decidere di estendere l’utilizzo di alcuni strumenti o attività di potenziamento proposte all’intera classe. Dove gli ausili sono utilizzabili e utili ai soli studenti con DSA, sarà invece necessario lavorare sulla conoscenza e la consapevolezza degli studenti. La classe deve capire che cosa significa avere un Disturbo Specifico dell’Apprendimento e conoscere i diritti dei bambini che presentano questa diagnosi. In questo senso è importante sottolineare e far comprendere che l’uso di strumenti specifici non è un privilegio, ma un diritto, così come è importante far comprendere cosa si intende per strumento compensativo.
Uno degli esempi maggiormente utilizzati è quello degli occhiali da vista: chi non vede bene utilizza gli occhiali da vista che altro non sono che uno strumento compensativo. I bambini non ne possono fare a meno ma il suo utilizzo non gli dà alcun privilegio, al contrario, permette loro di avere gli stessi “strumenti” dei compagni che non necessitano di occhiali da vista e di agevolarli nella piena espressione delle proprie potenzialità. Lo stesso vale per l’utilizzo di strumenti compensativi specifici per coloro che hanno un DSA.

Infine, ma non meno importante, è il valore del dialogo e del confronto sul tema delle differenze. È necessario ricordare agli studenti che ogni persona è differente, ha le proprie caratteristiche, i propri punti di forza e di debolezza, al di là della presenza o meno di una diagnosi.

Condividere imparando: l’inclusività tra i banchi di scuola

DSA, ADHD, BES

Come è possibile imparare ad accettare e accogliere le diversità tra le mura scolastiche?
Ne parliamo con Sara Magri

“Inclusività” significa saper riconoscere e accogliere le diversità presenti in ogni persona. Una Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 ha introdotto il riconoscimento, all’interno delle scuole, di Bisogni Educativi Speciali. Un passo avanti concreto per aiutare tutti coloro che, durante il proprio percorso scolastico, affrontano ostacoli di natura sia clinica che emotiva.

Oltre al lavoro delle istituzioni, però, è fondamentale anche quello all’interno della classe, dove studenti e docenti collaborano per creare un’atmosfera di serenità e accoglienza.

Proprio su come creare un ambiente sereno e quindi inclusivo abbiamo discusso con Sara Magri ex ricercatrice nell’ambito degli interventi per bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento e disordini neuro-evolutivi presso il servizio SPEV ed è responsabile di corsi di formazione per professionisti, educatori, insegnanti in materia di disturbi dell’apprendimento per Develop Players.


Il riconoscimento normativo dei BES è stato fondamentale per la vita di molti studenti. Lo è stato altrettanto per l’incremento e lo sviluppo dell’inclusività all’interno delle aule scolastiche?

L’istituzionalizzazione dei Bisogni Educativi Speciali ha rappresentato un vero progresso della normale didattica quotidiana. Troppo spesso, infatti, si sceglie di “isolare” il percorso scolastico di chi presenta delle difficoltà portandolo, ad esempio, in un’aula differente. Dovremmo invece ricordare che ogni bambino sviluppa un profilo differente nelle proprie competenze. Esistono punti di forza e di debolezza e i BES ci ricordano che questi possono essere calibrati attraverso strategie didattiche personalizzate e inclusive.


Riguardo alle strategie, quali possono essere quelle più ottimali per la realizzazione di inclusività scolastica?

Le strategie più funzionali sembrano essere quelle che prevedono azioni di peer education, ovvero la creazione di un gruppo di lavoro in cui i bambini possano collaborare. Si è infatti visto che, all’interno di gruppo eterogenei, i bambini che presentano difficoltà riescono ad apprendere meglio attraverso l’esperienza con i propri pari. Dall’altro lato, invece, i bambini più competenti, attraverso la cooperazione, riescono a consolidare le proprie abilità. È quindi necessario uscire dal concetto di “didattica passiva” e rendere gli studenti protagonisti nei propri lavori. Questo aumenterà in loro la motivazione e accrescerà l’efficacia dell’apprendimento.


Le nuove tecnologie rientrano tra queste strategie?

Il digitale potrebbe essere utile nel momento in cui riesce a creare rete tra i bambini a patto che venga sfruttato in modo simultaneo dai bambini, con strumenti che permettano di giocare insieme. Inoltre, proprio l’idea di gioco aiuta a stimolare l’interesse e la motivazione al lavoro e per questo è sempre molto consigliata.


Si è parlato molto di collaborazione tra studenti: all’interno di una classe, qual è il numero consigliato di alunni per agevolare questo tipo di lavoro?

Le normative non indicano un numero specifico. Non è possibile definirlo in quanto ogni situazione varia in base al profilo e alle caratteristiche di ogni bambino. Generalmente, il gruppo troppo numeroso può risultare meno efficace. Le classi over 22 hanno delle problematiche più elevate rispetto ai gruppi più piccoli sotto i 20 alunni. Quindi, seppur non specificato, è consigliabile una classe numericamente modesta o, nel caso di un gruppo numeroso, la strategia migliore è quella di creare più gruppo eterogenei di lavoro.


Quanto è fondamentale nell’inclusività scolastica la figura del docente?

Il suo ruolo è di primaria importanza nel far comprende agli alunni che ogni persona presenta tratti di debolezza e che questi non rappresentino un problema, piuttosto una caratteristica personale.  Prima di riuscire a creare inclusività in una classe, è necessario che l’insegnante in primis impari a gestire la diversità, vivendola in prima persona come qualcosa di quotidiano e non come una difficoltà. solamente una volta interiorizzato questo comportamento riuscirà a trasmetterlo ai suoi studenti in maniera naturale, portando alla luce le loro capacità di accettare e accogliere le differenze.

È fondamentale, infatti, che gli studenti abbiano una corretta percezione della diversità. Altrimenti può risultare molto più complicato accettare e comprendere il perché alcuni alunni vengano aiutati maggiormente perché appartenenti alla popolazione dei BES, portando il gruppo di pari ad escludere chi rientra in quella che può apparire come una “fascia protetta e agevolata”.


Oltre al ruolo centrale della scuola può essere necessario un appoggio esterno come quello delle istituzioni territoriali?

Le strutture presenti sul territorio sono un appoggio importante. Possono dare supporto alle famiglie nell’organizzare attività sia a supporto della didattica che attività ricreative e sportive che comunque migliorano il benessere e offrono ulteriori opportunità di crescita.
In generale, la pratica rende l’apprendimento più efficace: il “fare” rafforza l’aspetto mnemonico molto più del solo studio teorico. Questo avrà un impatto significativo per coloro che presentano delle difficoltà nell’apprendimento.

Bisogni Educativi Speciali: le difficoltà degli alunni non passano inosservate

Rientrare nella categoria dei BES non significa essere studenti di serie B.
Ma cosa rappresentano i Bisogni Educativi Speciali?

Il riconoscimento della categoria BES (Bisogni Educativi Speciali) è stato introdotto da una Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 per riconoscere il diritto di ricevere una didattica personalizzata per tutti gli studenti che presentano difficoltà nell’apprendimento.

I BES non rappresentano una categoria diagnostica, ma comprendono al loro interno tutti i bambini che necessitano di un’attenzione speciale da parte della scuola per la gestione della propria didattica.
Possiamo, infatti, riconoscere tre macrogruppi di studenti che necessitano di BES:

  • Disabilità motorie e cognitive: disabilità diagnosticate e certificate dal Sistema Sanitario Nazionale;
  • Disturbi evolutivi specifici: disturbi del neurosviluppo (come, ad esempio, DSA, ADHD, disturbi del linguaggio, ecc.) certificati dal Servizio Sanitario Nazionale o da specialisti privati;
  • Difficoltà legate a fattori esterni: bambini o ragazzi che, pur non avendo diagnosi specifiche, vivono una complessa condizione socioeconomica, culturale o linguistica (come, ad esempio, la non conoscenza della lingua).


L’importanza di una normativa

Il riconoscimento normativo dei Bisogni Educativi Speciali ha rappresentato un passo avanti per tutte quelle situazioni che erano rimaste prive di intervento all’interno delle aule scolastiche. In particolar modo, ha dato un riconoscimento ufficiale alla necessità e possibilità di intervento per periodi di vita che mettono a dura prova lo studente, intendendo difficoltà non clinicamente diagnosticate ma che imprimono un grande carico emotivo sullo studente come, ad esempio, un lutto, problemi familiari o periodi di fragilità emotiva.


Una condizione più o meno temporanea

La normativa di riferimento sottolinea che la categoria rappresenti “tutte quelle situazioni più o meno temporanee che necessitano strategie didattiche specifiche”.
Si parla di un periodo di diversa durata perché è necessario valutare la condizione dello studente: nel caso di una diagnosi certificata di disabilità o disturbi, il BES può rappresentare una condizione permanente dal primo anno di scuola elementare fino all’ultimo anno di scuola superiore. Al contrario, per coloro che vivono una temporanea condizione di instabilità, è possibile che la didattica personalizzata sia necessaria solo per un breve lasso di tempo.

Un esempio sono gli studenti stranieri che non conoscono la lingua del paese in cui studiano o bambini che vivono una complicata situazione familiare: è possibile che questa categoria di studenti necessitiun’attenzione speciale solo fino a quando non sarà superata la condizione di difficoltà. È quindi nella sensibilità del docente percepire il bisogno dell’alunno e intervenire quando necessario.


Un piano didattico personalizzato

La normativa italiana prevede che l’insegnante di sostegno affianchi soltanto coloro che presentano disabilità diagnosticate da clinici. Per tutti gli altri casi compresi nella categoria BES, saranno i docenti che compongono la classe a individuare il piano didattico più adatto.

Non esistono strumenti specifici messi a disposizione dei BES. Le strategie da applicare vengono scelte dagli insegnanti in base al profilo e alle caratteristiche dello studente. Possono quindi essere suggeriti strumenti tecnologici come il computer o il tablet da usare in classe per fare verifiche o per prendere appunti oppure solo una semplice riduzione del carico di studio nei momenti di difficoltà.


Alleggerimento delle condizioni emotive

Riconoscere lo studente con Bisogni Educati Speciali è fondamentale, soprattutto, per poter alleggerire quelle che sono le difficoltà sul piano emotivo. Grazie allo sviluppo di un approccio personalizzato per far emergere i punti di forza dell’alunno, quest’ultimo vivrà più serenamente l’ambito scolastico, ovviando anche al disinvestimento o all’abbandono del proprio percorso formativo.

Per l’integrazione dei casi di BES, è inoltre fondamentale il lavoro di inclusione che si realizza all’interno della classe: un ruolo fondamentale è ricoperto dal docente che ha il compito di scegliere un percorso di cooperazione e collaborazione degli strumenti che permetta il riconoscimento di tutte le diversità.