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Riconoscere un DSA: il ruolo cruciale della famiglia e della scuola

Il riconoscimento precoce dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) è cruciale per evitare conseguenze negative sul percorso scolastico e sull’autostima dei bambini. Questi disturbi, che non derivano da disabilità intellettiva o altri problemi, richiedono una gestione attenta e strategie specifiche per affrontare difficoltà in lettura, scrittura e calcolo. La famiglia gioca un ruolo essenziale nell’identificare i primi segnali di DSA, spesso ostacolata però da misconcezioni che portano a sottovalutare le difficoltà dei bambini. Parallelamente, la scuola è fondamentale nel riconoscimento e gestione dei DSA, nonostante talvolta manchi di risorse o formazione adeguata. La collaborazione tra famiglia, scuola e professionisti del settore è quindi decisiva per creare un ambiente di supporto che favorisca lo sviluppo completo del bambino, utilizzando strumenti come il Piano Didattico Personalizzato per personalizzare l’apprendimento e garantire il diritto allo studio.

Riconoscere un DSA: il ruolo cruciale della famiglia e della scuola

All’interno del complesso tema dell’apprendimento, diventa di fondamentale importanza riconoscere  precocemente la presenza di un DSA. Tale condizione, infatti, potrebbe ostacolare il percorso  scolastico del bambino, oltre a minare fortemente il suo senso di autostima e autoefficacia. 

Inoltre, il riconoscimento tempestivo permetterebbe di: 

  • evitare situazioni spiacevoli legate alla colpevolizzazione del bambino; 
  • aumentare la consapevolezza rispetto alle cause delle sue difficoltà; 
  • sostenerlo con degli aiuti mirati e individualizzati. 

Si rivela, quindi, essenziale sia il ruolo della famiglia che quello della scuola nell’osservare e monitorare  i suoi comportamenti. 

Cosa sono i DSA

Innanzitutto, sarebbe opportuno definire cosa si intenda con l’acronimo DSA. Si tratta dei cosiddetti  disturbi specifici dell’apprendimento, i quali possono coinvolgere specificatamente alcune capacità:  lettura, scrittura e/o uso dei numeri. 

Quando affrontiamo il tema dei DSA, è bene sottolineare che non sono dovuti a: 

  • disabilità intellettiva; 
  • traumi; 
  • problemi ambientali o psicologici; 
  • deficit sensoriali (es. problemi di vista). 

I DSA non sono nemmeno una patologia. Sarebbe più appropriato parlarne come una caratteristica  neurobiologica di un individuo (neurodiversità). Significa che alcuni cervelli hanno un funzionamento  diverso rispetto ad altri e questa particolare caratteristica contrasta un po’ la realizzazione di alcune  capacità specifiche, quali la lettura, la scrittura e/o il calcolo. In questi casi, si parlerà rispettivamente  di: 

Una persona con DSA possiede un’intelligenza e delle capacità cognitive adeguate alla sua età. Ha  solo bisogno di più tempo e attenzione per leggere, scrivere e/o calcolare con le modalità  convenzionali insegnate a scuola. 

Proprio perché i DSA non sono una malattia, non si possono curare. Le difficoltà riscontrate, però,  possono essere potenziate attraverso l’esercizio e l’insegnamento di strategie da parte di un  professionista e/o compensate con strumenti che le controbilanciano (es. uso di testi con caratteri più  grandi e ad alta leggibilità in caso di dislessia). Oltre a questo tipo di intervento, però, è essenziale il  supporto dato dalla collaborazione virtuosa con la famiglia e la scuola.

Riconoscere un DSA

Riconoscere un DSA: il ruolo della famiglia

La famiglia è il primo ambiente in cui si possono riconoscere i segnali manifestati dai DSA, ma, purtroppo, non è sempre così. Talvolta sono proprio i genitori a negarne la presenza, proprio perché  possiedono una conoscenza distorta dell’argomento. I figli vengono, quindi, additati come svogliati,  pigri, duri di comprendonio e, magari, collegati alle scarse prestazioni che il genitore stesso afferma  di aver avuto durante il periodo scolastico. Così facendo, però, il bambino potrebbe maturare un  vissuto di frustrazione, demotivazione e sfiducia verso sé stesso sia per le difficoltà reali riscontrate  sia per la mancanza di un supporto familiare. 

Sarebbe opportuno, quindi, agire tempestivamente appena si notano alcuni importanti segnali. Già in  età prescolare, ad esempio, si potrebbero intravedere difficoltà legate all’area comunicativo linguistica (es. difficoltà di costruzione di una frase), goffaggine o scarsa manualità. È, però, in età  scolare, che possiamo riscontrare con più certezza i segnali legati alla presenza di un DSA (difficoltà di  lettura, scrittura e/o uso dei numeri). 

Se si dovessero avere dei dubbi circa le difficoltà del proprio figlio, sarebbe bene entrare in contatto  con gli insegnanti e i professionisti del settore per richiedere dei pareri e degli approfondimenti a  riguardo. È bene ricordare, però, che la diagnosi può essere fatta da uno specialista solo alla fine della  classe seconda primaria. 

Un’altra mossa importante sarebbe quella di informarsi il più possibile sulla tematica per evitare la  creazione di un ambiente familiare svalutativo nei confronti del bambino. 

In un secondo tempo, nel caso di diagnosi, si cercherà di promuovere la creazione di una rete tra  scuola, famiglia e sanità in grado di seguire e sostenere il bambino, favorendo la realizzazione di un  ambiente adeguato al suo sviluppo. 

Riconoscere un DSA: il ruolo della scuola

La scuola è il secondo ambiente in cui il bambino passa più tempo. Inoltre, si tratta del luogo adibito  agli apprendimenti, alla formazione, allo sviluppo di capacità, abilità e competenze trasversali. Proprio  per questo, dovrebbe essere lo spazio per antonomasia in cui riconoscere i segnali legati ai DSA. 

Sebbene negli ultimi anni ci sia stata un’importante opera di sensibilizzazione su questo tema, non  sempre vi è l’applicazione effettiva delle norme vigenti in materia. Purtroppo, infatti, non sempre  l’ambiente scolastico riesce a indentificare le varie difficoltà e a dare il giusto sostegno al bambino.  Questo può essere dovuto a diversi fattori: 

  • una mancanza di formazione rispetto alla tematica; 
  • un’assenza di risorse adeguate alla valutazione e al sostegno di questi alunni; una carenza di tempo da poter dedicare alle esigenze specifiche di questi bambini. 

La legge 170/2010, però, affiderebbe alla scuola un ruolo attivo e di responsabilità verso  l’identificazione di casi sospetti di DSA. Inoltre, sottolineerebbe la rilevanza di un intervento sinergico  da parte dell’ambiente scolastico, familiare e sanitario. Lo strumento che traduce a livello operativo  questa cooperazione è proprio il Piano Didattico Personalizzato (PDP), che viene redatto dai docenti  dopo la consegna della diagnosi specialistica alla scuola. Si tratta di un documento in cui si esplicitano  le misure adottate per assicurare un percorso scolastico di qualità all’alunno (es. strumenti 

compensativi e/o dispensativi da introdurre, forme di valutazione da utilizzare ecc.). Purtroppo, in  alcuni casi, si tratta ancora di pura proforma e il diritto allo studio di questi bambini non è pienamente  garantito. 

Sarebbe opportuno, quindi: 

  • promuovere all’interno del personale docente l’acquisizione di conoscenze sulla tematica; fornire agli insegnanti una serie di strumenti concreti per agevolare il riconoscimento e la  gestione dei casi di DSA; 

incoraggiare le scuole ad applicare effettivamente le misure espresse nel PDP.

Una rete efficace: famiglia, scuola e professionisti del settore

Alla luce di quanto è emerso finora, quindi, è di fondamentale importanza lo sviluppo di una  comunicazione aperta e continua tra gli ambienti di vita del bambino. 

È opportuno che genitori, insegnanti e professionisti del settore collaborino per realizzare dei piani di  intervento mirati e specifici per il singolo individuo. È possibile, ad esempio, organizzare degli incontri  periodici di aggiornamento riguardo all’andamento del bambino, di condivisione rispetto ai progetti  previsti, di monitoraggio rispetto alla sua sfera emotiva e comportamentale.  

Solo così, si avrà l’occasione di maturare un ambiente di apprendimento inclusivo e supportivo in cui  tutti i bambini hanno eguali opportunità di sviluppare il loro pieno potenziale.



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