Proffilo: il serious game di Develop Players è un’unità di misura per gli esperti

Proffilo

Uno storytelling semplice e coinvolgente che riuscirà a profilare le capacità cognitive dei bambini facendoli divertire

Proffilo è il serious game ideato da Develop Player per aiutare i professionisti a stilare una profilazione cognitiva degli studenti.

L’intuizione di creare il gioco nasce da una consapevolezza: ogni persona è diversa dalle altre, ma tra i numerosi profili cognitivi è possibile riscontrarne alcuni con similarità. La letteratura del campo psicologico non è ancora riuscita a concentrare questi profili in macro aree specifiche. Proprio per questo è stato scelto di sviluppare il serious game che, attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (LINK), riesce a profilare lo studente e a inserirlo in cluster di individui analoghi a esso.


Come funziona Proffilo?

Il Serious Game si sviluppa attraverso uno storytelling semplice. Al bambino viene richiesto di vestire i panni di un aiutante di uno scienziato e ultimare la costruzione di un robot. Destreggiandosi tra i vari livelli di gioco, deve riuscire a far acquisire al robot diverse funzioni – come l’utilizzo della parola, i gesti e i movimenti – con lo scopo di renderlo autonomo nelle proprie capacità.

I livelli proposti al bambino rappresentano in realtà dei test di valutazione per le abilità mentali. Attraverso questi vengono analizzate tutte le funzioni cognitive: la percezione visiva, l’attenzione, la memoria, la capacità logica, e il linguaggio.

Ogni gioco è stato sviluppato partendo da quelli che sono gli strumenti generalmente utilizzati dai clinici per comprendere il funzionamento cognitivo di un individuo – spiega Matteo Orsoni, Psicologo, Ricercatore in Machine Learning e sviluppatore del modello di IA alla base Proffilo -. Un esempio è il test per la valutazione della memoria. Durante quest’ultimo il bambino si trova di fronte a uno schermo dove, dopo aver ascoltato dei numeri, dovrà riuscire a scriverli in ordine inverso. Più dimostrerà di riuscire nel gioco, più la lunghezza dei numeri aumenterà, dando modo di capire le sue capacità di memoria e lavoro.”


A cosa serve il gioco?

Proffilo è uno strumento rivolto a un pubblico scolastico e trova tra i docenti i primi destinatari dei suoi risultati. Alla fine del gioco, infatti, questo restituirà il profilo dello studente con indicati i punti di forza e quelli di debolezza. In questo modo l’insegnante sarà in grado di stilare un piano didattico personalizzato (PDP) per stimolare e potenziare le capacità dell’alunno. Il serious game, infatti, rilascia dei consigli utili per la costruzione di strategie didattiche personalizzate.

Oltre ai docenti, Proffilo ha una versione -Pro che può essere utile anche per i clinici. Lo psicologo, il logopedista, il neuropsicologo finanche il pediatra, ai quali sarà richiesta una valutazione riguardo alle capacità del bambino, potranno osservare i risultati generati dal gioco, così da avere uno screening iniziale di aiuto per comprendere le esigenze cliniche e da integrare nelle pratiche riabilitative.

Grazie a degli algoritmi di apprendimento non supervisionato, possiamo con Proffilo raggruppare in gruppi i diversi profili che vengono restituiti dal gioco – spiega Orsoni –. Ancora oggi non esistono strumenti come Proffilo che possano indirizzare i professionisti e i docenti che lavorano con gli studenti con difficoltà di apprendimento. Il gioco mira, quindi, a ottimizzare il tempo di lavoro di clinici e docenti, rendendo divertente il processo valutativo, e migliorando la consapevolezza e le potenzialità degli studenti sperando con questo di migliorare anche la qualità del lavoro di valutazione.”

IA nel percorso formativo: dalla nascita alla sua evoluzione

Cosa si nasconde dietro agli strumenti basati sull’IA? Un racconto sulla loro costruzione, l’equipe di lavoro che ne permette la realizzazione e le previsioni future sul loro utilizzo

Il nostro Paese ha conosciuto recentemente il termine “Intelligenza Artificiale” (IA), non perché appena nato, ma perché da poco integrato nell’utilizzo quotidiano di gran parte della popolazione. Questo è avvenuto anche per l’ambito formativo, seppur accompagnato da dubbi e scetticismi.

Develop Players nasce con l’intento di integrare l’IA nello sviluppo e nella formazione, rendendola fruibile tanto nell’ambito scolastico quanto in quello clinico. Con i suoi serious game rende possibile la ricerca dei disturbi del neurosviluppo, aiutando a profilare il bambino e dando a quest’ultimo la possibilità di potenziare le proprie competenze, il tutto attraverso una attività ludica come il videogioco.

Come si costruiscono queste tecnologie? E sono realmente affidabili? Lo abbiamo chiesto a Matteo Orsoni, Psicologo, Ricercatore in Machine Learning e sviluppatore del modello di IA alla base di alcuni serious game di Develop Players.


In precedenti articoli abbiamo più volte parlato di serious game. Come si progetta un programma di IA dedicato alla formazione e quali competenze richiede?

La costruzione e lo sviluppo di questi strumenti richiedono la collaborazione di diverse figure professionali. La prima è quella dello psicologo, necessaria a comprendere il funzionamento cognitivo dei bambini e i valori fondamentali rispetto allo sviluppo e l’apprendimento, che devono essere tenuti in considerazione durante la costruzione del gioco. Oltre ai clinici, dietro al serious game si nascondono anche figure più tecniche. Troviamo, quindi, il programmatore, che svilupperà il gioco, il data analyst esperto in trattamento di dati e intelligenza artificiale, che permetterà di estrapolare le informazioni al fine di migliorare lo strumento, e, infine, il game designer per lo sviluppo dello storytelling e l’informatico che lavorerà all’integrazione della web page e della web app. È fondamentale la multidisciplinarità: senza una delle figure descritte, il gioco perderebbe il suo valore e la sua funzione finale.


Nell’ultimo periodo abbiamo conosciuto anche il meccanismo di “machine learning”, con il quale uno strumento si migliora autonomamente in base agli input trasmessi dall’utente. Possiamo quindi dire che l’IA stessa è parte del team di lavoro?

Esistono diversi programmi e, tra questi, contiamo anche quelli il cui miglioramento è indipendente e nasce dall’utente. Più che la sola Intelligenza artificiale, potremmo dire che la user experience diventa parte dell’equipe: nel momento in cui molte persone utilizzano lo strumento, l’IA alla base di quest’ultimo riuscirà a personalizzarlo, permettendo di migliorarne l’uso.


Questo ci conduce a un tema attualmente molto dibattuto: l’etica e la protezione dei propri dati. Quali sono i principali “dilemmi” che dovete affrontare nella creazione di strumenti di IA?

Il tema è oggi di primario interesse vista la proliferazione di IA basate sul linguaggio naturale e con le quali l’utente può scambiare interazioni. Sorgono molto dubbi: quanto sono accurate le informazioni restituite da queste tecnologie? Che cosa possono spingersi a dire e come dovrebbero parlare di tematiche sensibili? Per non parlare della questione inerente alla privacy e allo scambio dei dati. Gli utenti si interrogano su come vengono utilizzate le proprie informazioni, in particolar modo nel settore dell’apprendimento dove i fruitori sono minorenni e in cui terze persone (come clinici e professori) possono ricevere una risposta dal software proprio incentrata sui loro dati. Su questi dilemmi si sta interrogando l’Unione Europea, che da anni lavora proprio sulla protezione e il trattamento dei dati per tutelare i suoi cittadini.


Hai parlato di accuratezza della risposta: come si valuta l’efficacia di questi strumenti?

Esistono due processi di indagine che possono dimostrarci l’efficienza dei processi costruiti. Il primo è quello restituito dalla statistica: esistono delle metriche di valutazione che permettono di capire quanto è accurato il sistema progettato o quanti errori compie. In un contesto delicato come quello dell’apprendimento, un’ulteriore e fondamentale valutazione viene poi data dall’esperto. Il clinico valuterà le risposte restituite dall’IA, ragionando sull’affidabilità del risultato ottenuto e su quanto questo rispecchi effettivamente la realtà individuale del soggetto. Noi possiamo sviluppare modelli molto accurati, ma in questo campo specifico è necessaria anche la supervisione data dall’esperienza medica.


È quindi banale chiederti se questo tipo di tecnologia avrà un’evoluzione nel prossimo futuro anche, soprattutto, nell’ambito della formazione?

Non si può tornare indietro: il mondo dell’Intelligenza artificiale continuerà a crescere. Per mio parere, la didattica nel prossimo futuro non sarà più generalizzata ma, integrando questi strumenti, permetterà di creare un percorso scolastico molto più personalizzato e rivolto all’individuo. La persona sarà al centro dell’apprendimento e, grazie a questi sistemi, riuscirà a evolvere le sue competenze e a potenziare i suoi punti di forza.


A proposito di futuro: il Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale, condiviso dalla Commissione Europea nel 2018, ha dichiarato l’implementazione dei fondi per lo sviluppo di IA come obiettivo da raggiungere entro il 2027. All’interno delle università sono cresciuti i corsi dedicati a questo?

Proprio nel 2018 portavo a conclusione il mio percorso di studi e ancora, in Italia, non si contavano numerose facoltà o corsi che offrissero una formazione in sviluppo di intelligenze artificiali. È soprattutto negli ultimi anni che si è visto un forte cambiamento anche nel nostro Paese: l’università di Bologna, ad esempio, ha istituito un corso magistrale specializzato in IA. Come questa, in diversi angoli della Penisola sono nati cicli di studio dedicati al data science. Ma, al contempo, nel panorama internazionale si è registrato un ulteriore progresso, che richiede all’Italia un’accelerazione per rimanere al passo con i nuovi standard di applicazione.


L’Italia e gli italiani sono pronti a questa evoluzione?

Credo che nel nostro Paese ci sia ancora una dose di scetticismo dovuta soprattutto alla mancanza di informazione, che spesso viene anche distorta rispetto a quella che è la realtà.  L’ambito è vasto e complesso: per una persona che non lo conosce, questo può generare curiosità, interesse ma anche molta preoccupazione. È quindi necessario comprendere bene cosa sia e quali potenzialità abbia. Se parlassimo maggiormente delle possibilità permesse da questi strumenti e se fosse chiaro come questi possano migliore la qualità di vita delle persone e i processi industriali per le aziende, probabilmente verrebbero accolti con maggiore serenità.

L’azione dei serious game sul percorso di apprendimento

Quali sono le fasi di creazione di un serious game e come si adatta alla riabilitazione di un singolo: l’intervista alla dottoressa Mariagrazia Benassi

All’interno di un precedente articolo abbiamo parlato dei serious game, della loro funzione e dei vantaggi che presentano all’interno di un percorso riabilitativo.

L’utilizzo di serious game o di applied game diventa particolarmente efficace per coloro che presentano difficoltà come, ad esempio, un Disturbo Specifico dell’Apprendimento o altri distubi del neurosviluppo (autismo, ADHD).

Ma come si costruisce davvero un serious game? E per chi è adatta questa tipologia di riabilitazione?
Lo abbiamo chiesto alla Dottoressa Mariagrazia Benassi, professoressa associata in Psicometria e responsabile del Laboratorio di Psicometria e Neuropsicologia del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, che ci riporta l’esempio tangibile di Proffilo, il serious game progettato da Develop Players.


Dottoressa, abbiamo spiegato cosa sono i serious game, ma come vengono costruiti?

I serious game, che hanno come obiettivo la riabilitazione o l’apprendimento, vengono progettati partendo da una conoscenza profonda di quali siano i meccanismi cognitivi alla base dell’apprendimento, oltre che a una consapevolezza sulle difficoltà che devono essere potenziate o riabilitate. Nel caso, ad esempio, dei ragazzi con difficoltà di apprendimento sarà importante conoscere a fondo quali sono i profili di apprendimento, quali i processi da allenare e/o riabilitare e, quindi, quali tempistiche sono opportune per avere efficacia. Per la realizzazione, noi clinici ci interroghiamo prima di tutto su come aiutare coloro che presentano un disturbo o una difficoltà specifica  a migliorare le proprie capacità. Alla base di ogni modello di intervento ci deve essere una ricerca scientifica che studia e renda valido il modello stesso e i suoi risultati. Solo attraverso studi di validazione dell’efficacia del gioco è possibile considerarlo utilizzabile per lo scopo riabilitativo.


È importante ricordare che ogni persona che presenta un disturbo sia un caso a sé, per il quale viene individuata un’apposita strategia di riabilitazione. Questa scelta avviene anche per i serious game?

Assolutamente. Dopo aver chiarito quale sia il profilo cognitivo del bambino e/o dell’adolescente – perché ricordiamo che questi giochi sono pensati per una fascia di età molto vasta che va dai 5 ai 18 anni – i clinici valuteranno quale sia il serious game migliore per lui/lei, in modo che si possa adattare al suo stile di apprendimento e lo aiuti nel modo più efficace e veloce possibile.


E in questo il nuovo serious game di Develop Players, Proffilo, offre un grande aiuto.

Si. Proffilo è nostro primo gioco. Lo abbiamo creato per i ragazzi e i loro docenti, ma anche per aiutare il terapista che effettua la riabilitazione a conoscere meglio le caratteristiche cognitive di ogni singolo studente. Proprio da questo prende il suo nome, perché delinea quale sia il profilo cognitivo di ogni persona. In particolare, va ad analizzare quali sono le competenze nell’ambito della memoria, del linguaggio, dell’attenzione, della logica e della percezione visiva. Per il terapista il gioco diventa un vero e proprio strumento di screening, ciò che serve a capire quali passi intraprendere durante un percorso riabilitativo.
In concomitanza a questo, Proffilo permette al ragazzo/a, nel momento in cui gioca, di conoscere meglio le proprie potenzialità e i propri punti di forza, oltreché quelli di debolezza su cui dovrà allenarsi.


E per quanto riguarda il docente?

Nella versione per i docenti, Proffilo è un ottimo strumento per aumentare la consapevolezza dell’insegnante e per aiutarlo nella stesura di un piano didattico personalizzato. È da sottolineare che Proffilo vuole essere un gioco che fa da ponte fra docenti, studente e terapista, dando la possibilità di condividere informazioni importanti sulle potenzialità cognitive dei singoli studenti.


In cosa consiste il gioco?

Proffilo ha una durata di soli 30 minuti. Presenta uno storytelling semplice che aiuta e motiva la persona che lo gioca – sia esso un/a bambina/o un/a ragazza/o – ad effettuare le diverse prove. Ognuna di queste restituisce un risultato specifico per una delle aree investigate: ci sarà una prova per la memoria, una per l’attenzione, una per il linguaggio, una per la logica e una per la percezione visiva.


Può farci un esempio di prova che chi gioca si troverà ad affrontare?

Nella prova di logica, ad esempio, è inserita una immagine composta di diversi elementi. A questa viene tolto un pezzo. Il giocatore, come in un puzzle, deve perciò trovare il pezzo che corrisponde a quello mancante per completare la logica della figura che si troverà davanti.


Possiamo anche affermare che il gioco abbia una validità scientifica?

Si, il gioco è già stato sperimentato da più di 2500 fra bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. Questo ha permesso di studiarne la validità scientifica attraverso il confronto dei risultati ottenuti con Proffilo rispetto ai risultati che provengono da test clinici standard. Dallo studio è emerso che esiste una buona corrispondenza tra quello che ci dice Proffilo sulle abilità cognitive e quello che dicono i test clinici. Confermando la sua validità, possiamo utilizzare Proffilo sia in contesto educativo che clinico per fare screening dei deficit cognitivi tipicamente associati ai disturbi dell’apprendimento.

Grazie a questa attività possiamo quindi pianificare interventi di potenziamento cognitivo personalizzati in grado di tener conto delle differenze individuali. Se Proffilo ha raggiunto il nostro primo obiettivo di creare un serious game per lo screening, quello successivo è di proporre nuovi applied game con scopi riabilitativi. Il primo, Eye-Riders, finalizzato al potenziamento dell’attenzione, è già stato utilizzato con ottimi risultati da più di cinquanta studenti della scuola primaria. Space-RAM invece, è il gioco che stiamo sviluppando e verterà sulla memoria.

“Serious Game”, quando giocare diventa terapeutico

Develop Players utilizza nel suo metodo riabilitativo i serious game: un modo semplice e veloce per avere uno screening dei disturbi dell’apprendimento

I serious game – o gli applied game – sono giochi che vanno oltre al puro divertimento o intrattenimento. Questi sfruttano l’aspetto ludico per arrivare ad altri scopi, ad esempio quello educativo, informativo e formativo o, ancora, abilitativo o riabilitativo.

Sebbene il fine sia differente dai tipici videogame, vi sono alcune caratteristiche in comune fra questi e i serious game: in entrambi si può infatti trovare uno storytelling dinamico e ricco di elementi ludici. Inoltre, durante la fase di gioco in entrambi possono essere dati suggerimenti o premi per gli obiettivi raggiunti, offrendo quindi un’esperienza piacevole e unica. La differenza principale rispetto ai videogames tradizionali è nel fine ultimo, ovvero quello di migliorare i comportamenti, le conoscenze, le informazioni e le competenze dei giocatori.

Fra i diversi ambiti di utilizzo ci sono quelli del learning per la scuola e le agenzie educative e della riabilitazione per gli ambiti clinici. In questo ultimo caso il gioco offre nuovi strumenti che possono avere scopi diagnostici o riabilitativi. Un uso particolare è quello di indagine del profilo cognitivo dell’utente: questo viene utilizzato per comprendere quale strategia applicare nel percorso educativo o riabilitativo.


Un serious game è solo digitale o permette anche l’interazione con persone fisiche?

Questa tipologia di gioco nasce sotto forma di strumento digitale. Di solito, vengono utilizzati telefoni o delle applicazioni web accessibili da pc, ma si può arrivare anche allo sfruttamento della realtà aumentata. Questo non significa che non sia permesso interfacciarsi con persone fisiche durante la fase di gioco: nel contesto digitale, ad esempio, l’interazione avviene nello spazio virtuale. Nonostante questo, come ricorda la Dottoressa Benassi, “Tutti i giochi possono essere educativi; qualsiasi gioco che nasca con lo scopo non puramente ludico può essere considerato un serious game”.


Quali sono i vantaggi?

In quanto piattaforma di apprendimento attivo, il serious game rende più facile e divertente l’assimilazione di conoscenze. Attraverso nuovi modi di comunicare, come ad esempio il digitale, viene favorita una più alta attenzione e un coinvolgimento nel gioco da parte del bambino. Inoltre, favoriscono una immersione nell’esperienza di gioco che rende il percorso riabilitativo più motivato.

Il loro carattere ludico lascia grande spazio alle emozioni, elemento fondamentale per rafforzare le capacità mnemoniche: proprio per questo, ciò che viene appreso nel gioco, sarà più difficile da dimenticare per chi lo utilizza.

Inoltre, l’esperienza ludica rende l’apprendimento meno noioso: il bambino sarà quindi entusiasta e maggiormente coinvolto nel proprio processo riabilitativo. E proprio questo percorso, grazie ai serious game, continua anche all’esterno delle strutture cliniche: il bambino potrà, infatti, utilizzare lo strumento all’interno della propria abitazione in maniera totalmente indipendente.

Case Study: Francesco, riprendere fiducia

Francesco stava dando il massimo a scuola ed era riuscito ad ottenere la sufficienza in molte materie, ma per fare ciò aveva dovuto rinunciare alla sua passione sportiva che gli dava tante soddisfazioni fuori dalla scuola. Francesco è tuttora un ottimo giocatore di pallavolo e non era mancato a nessun allenamento fino all’inizio della primavera della classe prima alla scuola secondaria, quando per riuscire a recuperare le verifiche doveva rimanere a casa a studiare fino a sera. La mamma di Francesco, vedendo che, man mano che la scuola procedeva, Francesco si chiudeva sempre più in se stesso e diventava irritabile e sempre nervoso, decise di contattare gli insegnanti della scuola chiedendo loro cosa fare. Gli insegnanti si erano infatti accorti delle difficoltà di Francesco e avevano suggerito alla mamma di fare una valutazione degli apprendimenti da uno psicologo esperto di DSA.

A fronte della valutazione approfondita del suo profilo di apprendimento, abbiamo potuto confermare una diagnosi di Dislessia in associazione a difficoltà di attenzione visuo spaziale. Dalla diagnosi effettuata, è stato possibile far partire per Francesco un percorso di potenziamento cognitivo volto a far crescere le sue potenzialità e supportarlo nei compiti a casa. Per migliorare le sue competenze attentive abbiamo lavorato con due percorsi paralleli, da un lato abbiamo inserito Francesco nel nostro percorso sperimentale di potenziamento dell’attenzione attraverso un software appositamente creato, dall’altro abbiamo avviato con lui un percorso metacognitivo sulla consapevolezza delle proprie caratteristiche per renderlo maggiormente sicuro delle proprie potenzialità e permettergli di riuscire a sfruttarle al meglio.

Grazie all’utilizzo del software Proffilo, un gioco digitale appositamente creato per far conoscere agli studenti e agli insegnanti il profilo di apprendimento di ognuno, Francesco ha potuto constatare che le sue ottime competenze di memoria potevano essergli molto utili nello studio e per organizzare al meglio il materiale da studiare. Lo stesso Proffilo poi ha evidenziato che, effettivamente, nel campo dell’attenzione Francesco avrebbe avuto bisogno di allenare le sue capacità. È stato quindi consigliato a Francesco di fare un percorso di potenziamento mediante il gioco digitale “Attento alle parole!” (Spinoso et al., 2021) validato dal team di Develop-Players. Attraverso l’utilizzo del gioco “Attento alle parole!”, Francesco ha migliorato le sue competenze attentive e ciò ha permesso di migliorare le sue competenze nello studio. A fronte dei risultati ottenuti nelle competenze cognitive attentive e di memoria, anche i risultati scolastici di Francesco sono migliorati e gli hanno permesso di riprendere gradualmente gli impegni sportivi con la sua squadra. La fiducia in sé e la maggior consapevolezza delle proprie caratteristiche gli hanno permesso di affrontare con maggior serenità la quotidianità a scuola e nella vita. Noi abbiamo imparato da Francesco come apportare migliorie al nostro gioco. Lo abbiamo infatti coinvolto nel processo di revisione del gioco ed ora stiamo lavorando a una nuova versione che presto sarà pronta per essere provata da tanti ragazzi come Francesco.

1. Spinoso et al., Attento alle parole! Logopedia e comunicazione https://rivistedigitali.erickson.it/logopedia/en/archivio/vol-n/uno-studio-preliminare-di-validazione-di-attento-alle-parole/ doi 10.14605/LOG1712110

Il valore di Proffilo e delle nostre formazioni

Attraverso le formazioni, abbiamo la possibilità di entrare in contatto e collaborare con gli insegnanti, coloro che lavorano quotidianamente con i ragazzi e con le loro difficoltà. Questa collaborazione non solo ci permette di promuovere una maggiore consapevolezza del profilo cognitivo dei ragazzi con difficoltà di apprendimento, utile ad individuare le strategie didattiche più efficaci, ma dà vita anche ad un approccio nel quale si cerca di comprendere i ragazzi sul piano emotivo. 

“Ho seguito tante formazioni sui DSA all’interno delle quali ho acquisito molte informazioni circa le cause e le manifestazioni di questi disturbi. Grazie agli incontri con il team di Develop-players ho avuto modo non solo di aumentare le mie conoscenze generali sui DSA, ma anche su quelle abilità trasversali come la memoria e l’attenzione, che ho scoperto essere fondamentali nei processi di apprendimento.”

Silvia – Docente in una scuola secondaria di primo grado

Alla luce delle ricerche presenti in letteratura, e alle sempre più frequenti evidenze cliniche, abbiamo deciso di inserire all’interno dei nostri progetti di formazione degli approfondimenti relativi ai vissuti emozionali legati alle difficoltà scolastiche. Recentemente, è infatti emerso un aumento della sofferenza psicologica legata alle problematiche in campo scolastico e noi siamo convinti che la scuola abbia un ruolo prezioso nell’accompagnare gli alunni verso un sereno ed efficace percorso formativo che li aiuti nella scelta del proprio futuro, anche professionale. 

“Finalmente una formazione concreta! Develop-players mi ha aiutato a costruire strategie utili al potenziamento dandomi indicazioni ed esempi concreti su come renderle operative in classe. Le linee guida in materia di DSA richiedono alla scuola di utilizzare strumenti che permettano l’individuazione precoce di questi disturbi e l’attivazione di percorsi specifici che agiscano sulle difficoltà riscontrate. Gli strumenti proposti da Develop-players rispondono a questa esigenza”

Giorgia – Docente in una scuola primaria

All’interno delle nostre formazioni proponiamo e costruiamo insieme agli insegnanti delle attività e strategie di potenziamento delle abilità utili all’apprendimento, pensate sia per il singolo che per la classe, che si avvalgono anche dell’utilizzo di tecnologie emergenti, strumenti che ci permettono di aiutare la scuola ad avvicinarsi al linguaggio delle nuove generazioni.

“Era da tempo che volevo parlare di comunicazione ed emozioni in classe!”

Federica – Docente in una scuola secondaria di secondo grado