DSA: la paura della diagnosi può essere superata?

Paura diagnosi

Superare il timore di ciò che comporta una diagnosi di DSA è possibile, ma non basta rassicurare bambini e genitori che vivono il disturbo. Occorre un lavoro costante di sensibilizzazione dell’intera società.

L’ignoto spaventa: la presenza di difficoltà delle quali non si conoscono le cause e le conseguenze può alimentare timori e dubbi. Avere una diagnosi, però, non sempre porta sollievo, ma può alimentare o far nascere nuove paure o insicurezze. È il caso, ad esempio, dei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA). Ancora oggi l’attenzione intorno al tema dei DSA è principalmente circoscritto a coloro che ne sono interessati in prima persona.

Ma l’informazione e la consapevolezza dell’intera società sono fondamentali proprio per combattere i timori che si sviluppano intorno al disturbo, in particolare per chi lo vive quotidianamente. Ne abbiamo parlato con Sara Giovagnoli, Psicologa, Professoressa Associata in psicometria presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna e membro del Servizio clinico SPEV.


Quali sono le principali paure che un bambino e/o adolescente può provare a fronte di una diagnosi di DSA?

Le principali preoccupazioni sono legate alle reazioni e relazioni sociali. Una delle prime paure, sia negli adolescenti che nei bambini, è la non accettazione. Generalmente tendono a pensare che il proprio gruppo di pari possa vederli come diversi e, di conseguenza, credono di incorrere in stigmatizzazioni e incomprensioni che possano portarli ad essere isolati. Questo è dovuto a tanti fattori, uno tra questi è la necessità di utilizzare strumenti specifici per lo studio. Il timore del bambino o ragazzo con DSA a fronte dell’uso di ausili è quello di essere percepito come in una condizione di inferiorità o, al contrario, di privilegio.

Oltre a questa, un’altra paura è invece intrinseca e soggettiva: il timore del fallimento o peggio, la paura di avere problematiche che riguardano il funzionamento intellettivo. Le paure relative alle proprie capacità e competenze possono portare il ragazzo che le vive a mettere in discussione ciò che sarà in grado di fare in futuro e, di conseguenza, possono influire negativamente sulle scelte da operare in ambito scolastico e lavorativo.

Questi timori e credenze errate possono essere calmierate dai famigliari o, al contrario, alimentate all’interno dell’ambiente domestico. Il genitore può trasmettere al figlio le proprie ansie, contribuendo ad accrescere le sue preoccupazioni.


A proposito di ciò: quali sono i timori provati dal genitore?

Rispetto ai propri figli le paure del genitore, spesso dovute principalmente alla scarsa conoscenza del disturbo, sono generalmente trasversali. Queste possono riguardare sia aspetti socio-relazionali ed emozionali sia aspetti pratici.

Il genitore, davanti ad una diagnosi di DSA, si preoccupa principalmente delle conseguenze della diagnosi sul piano socio-relazionale ed emotivo del proprio figlio. Come vivrà mio figlio la diagnosi? Cosa penserà di sé stesso e delle proprie capacità? Sarà in grado di accettare gli strumenti e gli ausili compensativi?
Queste sono alcune delle domande che tipicamente un genitore si pone (e pone al clinico) circa la reazione del proprio figlio alla diagnosi.

Oltre a queste preoccupazioni, la famiglia si troverà a scontrarsi anche con i timori riguardanti l’ambiente sociale e scolastico nel quale il bambino/ragazzo è inserito. Il genitore teme che il proprio figlio possa venire etichettato, emarginato e che possa incorrere in atti di bullismo da parte del gruppo di pari. O ancora, si chiede se gli insegnanti saranno in grado di aiutarlo e supportarlo in modo efficace e se saranno in grado di gestire le possibili reazioni dei compagni alla comunicazione della diagnosi.

Alcune paure e dubbi riguardano l’aspetto legale-normativo. Alcuni genitori temono che la presenza di una diagnosi di DSA possa influire o ostacolare (da un punto di vista legale) le scelte lavorative future del proprio figlio. “Se in futuro mio figlio volesse fare un concorso avrebbe dei vincoli specifici in funzione della diagnosi?”. E ancora, “In futuro, mio figlio sarà sempre costretto a dichiarare di avere un Disturbo Specifico di Apprendimento? Per esempio ad un colloquio di lavoro?”. Ovviamente la risposta è no.

La diagnosi di DSA non ostacola in alcun modo l’eventuale accesso a concorsi pubblici e il ragazzo, in futuro, non sarà costretto a dichiarare la presenza di DSA. Al contrario, la certificazione del disturbo, potrebbe agevolare i processi di selezione/accesso tramite concorso o esame. Il ragazzo potrà infatti, se lo vorrà, usufruire degli strumenti compensativi/dispensativi o l’adattamento della prova secondo la normativa vigente. In altre parole, la diagnosi non è vincolante ma, al contrario, tutela i diritti della persona.

La paura più classica è infine quella che riguarda sé stessi. I genitori si chiedono se saranno in grado di sostenere, aiutare e supportare il proprio figlio durante il suo percorso scolastico e di vita. Si preoccupano di non essere in grado di rispondere a tutte le domande del figlio e risolvere i suoi dubbi o di evitare che le proprie paure contribuiscano ad aumentare quelle del figlio.


I clinici e gli educatori che ruolo hanno nell’accettazione di tali paure?

Il loro ruolo è fondamentale sia per il genitore sia per il bambino. Le parole d’ordine sono due: conoscenza e condivisione. Promuovere iniziative e dialoghi in cui poter parlare del disturbo è fondamentale. Sapere che cosa significa avere un DSA, che cosa comporta, quali strumenti poter utilizzare e su quali aspetti non doversi preoccupare è il primo fattore per combattere i timori di chi vive quotidianamente il disturbo.
Dal punto di vista degli educatori sarebbe ottimo promuovere delle iniziative che possano sensibilizzare al tema delle diversità, delle caratteristiche che rendono diverso ogni bambino dall’altro e come queste differenze, che si configurano come fragilità e punti di forza, rendano ogni bambino unico. Lo sforzo deve essere quello di sottolineare che il termine “diversità” non abbia un’accezione negativa ma, al contrario, si configuri come una risorsa.


In base alla sua esperienza, ha potuto constatare che i timori vengano effettivamente superati?

Nella maggior parte dei casi si può notare come le paure vengano più facilmente valicate nel momento in cui l’individuo entra in contatto con realtà inclusive, che comprendano e conoscano le difficoltà a cui va incontro un ragazzo con DSA. Far parte, per esempio, di associazioni può aiutare soprattutto i genitori ad agire in modo propositivo.

Negli studenti il superamento delle preoccupazioni dipende molto dall’ambiente scolastico e famigliare.

L’utilizzo degli strumenti compensativi inseriti a fronte della diagnosi e della stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP), permette allo studente di raggiungere traguardi scolastici a cui difficilmente avrebbero potuto accedere in precedenza. In questi casi la diagnosi contribuisce ad alimentare il senso di autoefficacia e la motivazione dello studente che, finalmente, riesce a sentirsi capace di apprendere e di superare le sfide scolastiche.

In alcuni casi, la percezione di diversità e incompetenza può durare a lungo, soprattutto quando la diagnosi arriva tardivamente. Se, da un lato, questa può rappresentare un sollievo per i ragazzi che hanno vissuto a lungo nell’incertezza, dall’altro può risultare più difficile per il ragazzo accettare e condividere il proprio disturbo con gli altri, soprattutto con i coetanei. In questi casi, potrebbe essere necessario un supporto emotivo e psicologico per aiutare i ragazzi a gestire i propri sentimenti e ad affrontare la situazione con maggiore serenità e consapevolezza.


Quanto detto dimostra che il lavoro di sensibilizzazione alla tematica debba riguardare l’intera società.

Programmi di educazione e sensibilizzazione sono fondamentali, sia all’interno delle classi, sia a livello sociale. Negli ultimi decenni si trovano molte più informazioni e articoli scientifici che trattano il tema. Il problema è che, solitamente, questi vengono letti e consultati soltanto da chi presenta il disturbo o lo vive quotidianamente. Dovremmo invece trovare delle modalità per sensibilizzare la società al tema delle differenze individuali, facendo in esse rientrare anche le differenze derivanti dalla presenza di disturbi del neurosviluppo.

All’interno delle scuole il tema dovrebbe essere trattato a prescindere della presenza di bambini che presentano disturbi specifici di apprendimento. Se questo accadesse fin dalla scuola dell’Infanzia, non ci sarebbe necessità di “correre ai ripari” successivamente nelle situazioni di disagio o di marginalizzazione che vengono vissute durante il percorso scolastico.

Tutto questo non solo potrebbe contribuire a far conoscere alla società in generale che cosa sia il disturbo specifico di apprendimento, ma aiuterebbe chi lo presenta ad accettarlo più facilmente e permetterebbe di riconoscere i segnali della sua presenza precocemente e di accertarla tramite valutazione clinica senza alcun timore di stigmatizzazione.


Quale consiglio darebbe ai genitori che da poco si sono trovati ad affrontare una diagnosi di DSA?

Per prima cosa è necessario ricordare ai genitori che i professionisti che hanno effettuato la valutazione e relativa relazione diagnostica sono sempre a disposizione per tutte le domande o i dubbi rimasti in sospeso. I genitori si possono rivolgere a loro in qualsiasi momento e potranno chiedere aiuto anche per la gestione dei rapporti con le scuole.

Un altro consiglio è quello di entrare in contatto con le associazioni del territorio – come, ad esempio, l’Associazione Italiana Dislessia – che offrono la possibilità di confrontarsi con genitori e familiari, studenti e studentesse con DSA, insegnanti e professionisti del settore i quali possono offrire un valido supporto sia sul piano pratico che emozionale. Per necessità specifiche, consiglio di evitare di affidarsi ad informazioni standardizzate reperibili in rete, ma piuttosto di rivolgersi a centri riconosciuti a livello internazionale e nazionale o a istituzioni e aziende come Develop Players composte da professionisti che da anni lavorano sul tema dei disturbi specifici di apprendimento e che possono quindi supportare le famiglie sul piano pratico ed emozionale.