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I DISTURBI DI LINGUAGGIO IN ETA’ EVOLUTIVA 

I disturbi di linguaggio in età evolutiva, differenziati da ritardi linguistici, influenzano comprensione, produzione e uso sociale del linguaggio. Diagnostica e interventi richiedono team multidisciplinari, con focus su logopedia e supporto genitoriale. Studi recenti evidenziano variabilità nello sviluppo linguistico, con differenze di genere e l’importanza dell’ambiente.

I DISTURBI DI LINGUAGGIO IN ETA’ EVOLUTIVA 

Cosa sono i disturbi del linguaggio ?

I disturbi di linguaggio costituiscono una delle cause più frequenti di ricorso alla valutazione presso i Centri di Neuropsichiatria dei Servizi Territoriali. Ma cosa sono esattamente? Innanzitutto bisogna distinguere tra ritardo e disturbo di linguaggio. In estrema sintesi potremmo dire che mentre il ritardo è caratterizzato da un rallentamento nell’acquisizione delle varie tappe di sviluppo del linguaggio (nel versante espressivo, in quello recettivo o in entrambi gli aspetti), il disturbo si distingue per una atipia in questa evoluzione. Ovvero, se nel ritardo di linguaggio il bambino utilizza modalità tipiche di età precedenti, nel disturbo ha invece difficoltà che lo portano a una costruzione differente da quella che normalmente ci attendiamo in una determinata fascia di età. Questa atipia può riguardare uno più aspetti, in comprensione, in produzione o nell’uso sociale del linguaggio. Il bambino potrebbe così incontrare difficoltà più o meno grandi nell’articolazione e nella fonologia delle parole (che possono renderne l’intelligibilità limitata), così come nell’ampiezza del vocabolario (conosco o produco un numero ridotto di parole), o nella costruzione grammaticale delle frasi (comprendo o produco frasi di lunghezza variabile e poco organizzate sintatticamente. Tutte queste variabili possono penalizzare il bambino nelle sue attività quotidiane, emotive, sociali e scolastiche, anche per la frequente comorbidità con i disturbi di apprendimento (Consensus Conference sui Disturbi Primari di Linguaggio, 2019).  

Quali sono le tappe dello sviluppo del linguaggio?

Comunicazione e linguaggio si collocano già dai primi di giorni di vita lungo un continuum fatto di sguardi orientati, vocalizzi, lallazioni e gesti, in cui il bambino stabilisce i primi contatti con l’interlocutore e cerca attivamente lo scambio interattivo. Questo consente un’osservazione immediata di eventuali atipie nelle traiettorie di sviluppo.  

Lo sviluppo del linguaggio è, però, caratterizzato da una grande variabilità interindividuale,dovuta sia a fattori di predisposizioni biologiche (esiste una “familiarità” del disturbo), sia a fattori ambientali (minore o maggiore stimolazione in ambito familiare o scolastico e altri ancora). Quindi  se da una parte è difficile stabilire delle tappe esatte nello sviluppo del linguaggio, dall’altra possiamo comunque considerare che mediamente intorno ai 24 mesi il bambino possiede già un vocabolario di circa 100 parole, tra i 24 e i 30 mesi inizia a combinare le prime parole, spesso in associazione a gesti indicativi e/o simbolici) per formulare una frase. Tra i 30 e i 36 mesi il bambino inizia ad aumentare sempre più rapidamente le proprie competenze linguistiche (ampiezza del vocabolario, lunghezza della frase, appropriatezza fono-articolatoria) e a utilizzarle in maniera adeguata al contesto socio-comunicativo. Recenti studi, inoltre, confermano la presenza di tappe di sviluppo differenti tra maschi e femmine, in particolare a livello espressivo (Rinaldi et al, 2023). 

disturbi del linguaggio

Quando rivolgersi a uno specialista?

Premettiamo che il primo specialista che può intercettare un possibile ritardo o disturbo di linguaggio è il Pediatra di Famiglia, sia attraverso una semplice raccolta anamnestica, sia attraverso specifici questionari per i genitori. Detto questo e tenuto conto della estrema eterogeneità delle traiettorie evolutive nell’acquisizione del linguaggio) i 36 mesi (se coincidenti con l’ingresso nella scuola d’infanzia l’età di tre annicostituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti parlatori tardivi e i bambini con un probabile disturbo del linguaggio. 

Alcune indici predittivi possono essere i seguenti: 

  • la presenza di una difficoltà di comprensione e una ridotta responsività (anche solo a 12 mesi di età) 
  • un numero di parole prodotte inferiore a 10 e difficoltà di comprensione a 24 mesi 
  • un numero di parole prodotte inferiore a 50 e difficoltà nella combinazione di due parole.  

Chi fa la diagnosi in caso di disturbi del linguaggio?

La diagnosi di Disturbo di Linguaggio viene condotta da un’équipe multidisciplinare costituita da Neuropsichiatra, Psicologo e Logopedista, attraverso una osservazione che partirà da una raccolta di informazioni da parte dei genitori e, se possibile, dei care-giver e da un’osservazione libera delle abilità psicomotorie , linguistiche e comunicative. Solo dopo questa si opterà per una valutazione più strutturata, indiretta (questionari ai genitori e alle insegnanti, videoriprese in attività di gioco e di vita quotidiana) e diretta, attraverso semplici test standardizzati (ricerca e denominazione di oggetti, figure e narrazione di storie), anche in piccolo gruppo. 

Come intervenire?

Il trattamento riabilitativo consigliato in caso di disturbi del linguaggio è la logopedia, che può essere erogata sia in forma individuale che in piccolo gruppo. Possono essere affiancati alla terapia logopedica, in determinate condizioni, interventi indiretti, come il parent coaching o il parent training, molto indicati soprattutto prima dei 36 mesi di vita del bambino. In questi interventi il genitore diviene protagonista nel percorso abilitativo e riabilitativo del bambino, grazie alla costante guida e supervisione del clinico specialista. 

Consigli per i genitori e per la scuola

Nei disturbi del linguaggio i genitori devono promuovere interazioni sociali il più possibile adeguate alle competenze comunicative del bambino. Questo all’interno di un percorso esperienziale attraverso il gioco condiviso o la lettura dialogica (Girolametto et al, 2017; 2019) finalizzato a una specifica stimolazione linguistici associati in contesti di vita quotidiana. Così come le insegnanti, potrebbero avvalersi di una serie di strategie tra le quali un’attenzione sulle modalità della presa del turno nella conversazione, sulla riformulazione delle parole e delle frasi pronunciate dal bambino, dando un modello corretto arricchito e non una “correzione”, sui tempi di attesa di risposta evitando di anticipare o completare quanto dice il bambino e molte altre ancora.  

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