La comorbidità tra ADHD e DSA: l’importanza della diagnosi

comorbidità

La mancata diagnosi di disturbi di apprendimento e deficit dell’attenzione/iperattività può implicare gravi conseguenze nella vita degli individui che ne sono affetti

Quando parliamo di “comorbidità” intendiamo la compresenza, in uno stesso soggetto, di due o più patologie/disturbi.

Abbiamo chiesto alla Dottoressa Sara Giovagnoli, Psicologa e Professoressa Associata in Psicometria presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna, che cosa significhi e quali possono essere le conseguenze della comorbidità di due disturbi del neurosviluppo, nello specifico nel caso di compresenza di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) e Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD).


Si sente spesso parlare di comorbidità tra DSA e ADHD: esiste un rapporto di causa effetto tra i due disturbi?

La letteratura recente dimostra una elevata frequenza di disturbi dell’apprendimento in soggetti con diagnosi di ADHD.  Ciò non significa che fra i due disturbi vi sia necessariamente una relazione causa-effetto. La letteratura in merito è vasta. Esistono studi che sostengono l’ipotesi secondo cui i due disturbi presentano una “base comune” ovvero che siano manifestazione di una unica condizione patologica avente la medesima causa. Altri studi, invece, ritengono che i due disturbi abbiano natura e cause differenti e che la presenza di uno dei due possa essere il principale motivo dell’insorgenza dell’altro.

Tuttavia, risulta evidente come la presenza di deficit di attenzione e impulsività possano favorire l’insorgenza di difficoltà nell’apprendimento.


Se invece viene confermata la comorbidità?

La situazione che si presenta sarà in questo caso più difficoltosa. La compresenza genera infatti delle conseguenze più gravi su tutte le dimensioni di vita del bambino/a. In tal caso, sarà fondamentale pianificare degli interventi individualizzati che tengano conto delle priorità e delle risorse del bambino/a e della famiglia. Fondamentale è un approccio che preveda un lavoro congiunto e una collaborazione di clinici, famiglia e scuola al fine di raggiungere un obbiettivo comune, ovvero migliorare il benessere e il funzionamento adattivo del/della bambino/a.


Che cosa accade, invece, se i disturbi non vengono mai diagnosticati nel corso delle varie fasi dello sviluppo?

Le conseguenze di una mancata diagnosi potrebbero essere molto impattanti. Numerosi studi ci dimostrano che l’ADHD sia associato a un maggior rischio di sviluppare disturbi esternalizzanti, come, ad esempio, disturbo oppositivo-provocatorio e disturbo della condotta e a un aumento del rischio di uso e abuso di sostanze. Si pensa che l’aumento del rischio sia dovuto a una serie di fattori di vulnerabilità che vanno da aspetti neurobiologici a problematiche sociali derivanti dalla presenza del disturbo. Alcuni esperti parlano dell’uso/abuso di sostanze da parte dei soggetti con ADHD come un tentativo di “autocura”.


Quali strumenti vengono utilizzati per trattare una comorbidità?

Per scegliere il percorso di riabilitazione è prima necessario stabilire delle priorità. Ovvero, stabilire quale delle sintomatologie presenta un maggior impatto sul buon funzionamento e sul benessere del soggetto. Generalmente, in caso di comorbidità, viene prima proposto un trattamento incentrato sulla sintomatologia caratterizzante l’ADHD. A questa vengono poi affiancati interventi/strumenti utili al potenziamento e/o alla compensazione delle difficoltà di apprendimento. In ogni caso, il percorso dovrà prevedere l’inserimento di trattamenti, strumenti e strategie pensati per entrambi i disturbi. È comunque importante ricordare che, soprattutto nei casi di comorbidità, il percorso deve essere fortemente individualizzato sulle esigenze del paziente. Pertanto, dovrà poggiarsi su una approfondita valutazione del funzionamento del soggetto volta ad identificarne i punti di forza e le fragilità.


I percorsi digitali, come la teleriabilitazione o l’utilizzo dei serious game, rappresentano un vantaggio o uno svantaggio per chi è affetto da comorbidità?

Il videogioco potrebbe essere molto utile, soprattutto per chi soffre di deficit di attenzione e iperattività. I serious game sono creati in modo da presentare continui cambi di input che stimolano l’attenzione e spingono il giocatore a continuare il gioco anche a fronte di premi e ricompense. Questo aspetto risulta particolarmente adatto, stimolante e motivante a coloro che presentano un disturbo ADHD. Il continuo cambio di compito e la velocità dell’azione fittano perfettamente con il funzionamento di un bambino/a con Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività.

I videogiochi con finalità educativa sfruttano proprio le caratteristiche, le strategie e i linguaggi dei classici videogiochi ma hanno come finalità il potenziamento/la riabilitazione di alcune abilità cognitive specifiche. Pertanto, l’utilizzo dei serious game per il trattamento di soggetti con diagnosi di ADHD (con o senza difficoltà di apprendimento) potrebbe risultare particolarmente efficacie. Al contrario, l’utilizzo della più classica teleriabilitazione potrebbe essere poco efficacie per i bambini/e con ADHD che faticherebbero a rimanere seduti davanti allo schermo e mantenere l’attenzione per tempi prolungati.